Tra le diverse informazioni circa i prodotti alimentari, il Regolamento UE n. 1169 del 2011 fornisce anche indicazioni rispetto alla durata, o shelf life, dei prodotti confezionati: data di scadenza o termine minimo di conservazione (TMC).
La data di scadenza indica la data ultima di consumo per i prodotti rapidamente deperibili (es. carne, pesce, latte fresco, etc.), oltre la quale il prodotto potrebbe costituire un pericolo per la salute umana. Viene indicata con la dicitura «da consumare entro…».
Il termine minimo di conservazione, invece, è la data fino alla quale il prodotto alimentare conserva le sue proprietà specifiche in adeguate condizioni di conservazione e viene indicato in etichetta con la dicitura «da consumarsi preferibilmente entro il …» quando la data comporta l’indicazione del giorno, o «da consumarsi preferibilmente entro fine …», negli altri casi (1).
“Da consumarsi entro” e “da consumarsi preferibilmente entro”, sono diciture che presentano tra loro una differenza enorme seppur in apparenza molto simili. La maggior parte di noi, infatti, le interpreta quasi come sinonimi, dimenticando che la dicitura “preferibilmente” consente proprio di consumare il prodotto oltre la data indicata.
Le conseguenze? Economiche e ambientali, considerando il conseguente spreco di alimenti che, in realtà, potrebbero tranquillamente essere consumati.
Cosa si intende con spreco alimentare?
Lo spreco alimentare, definito come perdita e spreco con l’inglesismo wastage, (2) è una problematica complessa che coinvolge tutta la filiera alimentare. La perdita di cibo (food loss) è la diminuzione in termini di resa quantitativa e qualitativa a causa di decisioni o azioni inefficienti durante primi stadi della filiera (es. metodi di coltivazione). Lo spreco alimentare (food waste) si riferisce, invece, alla diminuzione della quantità o della qualità durante le fasi finali della filiera, tipicamente per mano dei rivenditori, dei fornitori di servizi alimentari e dei consumatori (3).
In Italia, ogni anno, si sprecano in media oltre 27 chili di cibo per abitante a livello domestico.
Questo si traduce in perdite economiche nei bilanci dei cittadini pari a quasi 6,5 miliardi di euro, come ha attestato il dipartimento di Scienze e tecnologie agro-alimentari dell’Università di Bologna. Secondo una ricerca di Altroconsumo del 2020, una larga parte degli sprechi deriva da una cattiva comprensione nella lettura delle etichette sui cibi. Il 63% degli italiani fraintende infatti la differenza tra le diciture “da consumare entro” e “da consumarsi preferibilmente entro” sui prodotti alimentari.
Il provvedimento UE: “spesso buono oltre”
L’Ue, per limitare gli sprechi, ha recentemente proposto una nuova etichetta alimentare.
L’appellativo proposto da Bruxelles è ‘Spesso buono oltre’, a indicare che anche dopo la data riportata in etichetta questi prodotti, se conservati nel modo giusto, sono ancora commestibili e non è necessario buttarli. Bisogna però sfruttare al meglio tatto, olfatto, vista e gusto, per valutare quali alimenti non presentano rischi pur essendo rimasti in frigo o nei cassetti oltre una certa data.
L’iniziativa è sostenuta da diverse realtà dell’agroalimentare che fanno della lotta agli sprechi il loro cavallo di battaglia, altre organizzazioni, invece, mettono in guardia dai pericoli connessi a questa tipologia di informazione.
1. REGOLAMENTO (UE) N. 1169/2011 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 25 ottobre 2011 relativo alla fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori, che modifica i regolamenti (CE) n. 1924/2006 e (CE) n. 1925/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio e abroga la direttiva 87/250/CEE della Commissione, la direttiva 90/496/CEE del Consiglio, la direttiva 1999/10/CE della Commissione, la direttiva 2000/13/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, le direttive 2002/67/CE e 2008/5/CE della Commissione e il regolamento (CE) n. 608/2004 della Commissione
2. Dossier Scientifico delle Linee Guida per una sana alimentazione (Edizione 2018)
3. FAO, Nutrition-Food loss and waste (2021)