La ricerca del cibo “healthy” e naturale è diventata, negli ultimi anni, uno degli elementi chiave nel guidare le scelte dei consumatori, sempre più consapevoli e attenti quando si parla di alimentazione. Si tratta solo di un trend ben sfruttato dal marketing o dietro nasconde una realtà scientifica a cui prestare attenzione?
Sicuramente da un lato il termine “naturale”, che occupa un ruolo di crescente rilevo ed è sempre più presente tra le informazioni disponibili sul pack dei prodotti, rimanda ad un prodotto di maggiore qualità, più genuino (“il cibo della nonna”) e lontano da processi chimici, determinando un sentimento di fiducia da parte del consumatore e orientando spesso la sua scelta. Dall’altro lato, però, è importante sottolineare che, aldilà del marketing, anche l’evidenza scientifica si sta muovendo verso una nuova valutazione degli alimenti, principalmente basata sul numero di ingredienti presenti e sul grado di processamento, tant’è che anche l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura, la FAO, ne ha parlato in un recente documento.
Infatti, dai numerosi studi realizzati negli ultimi anni, è emerso che nella valutazione della qualità di un alimento non è importante solo la composizione in nutrienti ma anche la “struttura” dell’alimento stesso, ovvero le caratteristiche fisiche del prodotto che dipendono dalla combinazione e dall’interazione di tutti gli ingredienti tra loro e legata a sua volta al grado di lavorazione (1,2). Secondo uno dei più rilevanti sistemi di classificazione degli alimenti che sono stati sviluppati, il NOVA, è possibile distinguere 4 gruppi di alimenti: dai non processati o minimamente processati fino agli ultra-processati, ovvero alimenti in cui i diversi ingredienti, solitamente 5 o più, sono combinati tra loro mediante una moltitudine di processi (3). Da quando il concetto di ultra-processamento è stato sviluppato nel 2009, diversi studi si sono focalizzati sull’associazione tra alimenti ultra-processati e salute: l’elevato consumo di questa tipologia di alimenti sembra associarsi ad un peggiore profilo nutrizionale e a una più elevata prevalenza di obesità, alterazioni del profilo lipidico, sindrome metabolica, con possibili effetti negativi sulla salute dei consumatori (3). Quella che fino a poco tempo fa era una relazione solo ipotizzata è stata in realtà anche recentemente dimostrata: a maggio, infatti, uno studio pubblicato su una prestigiosa rivista, ha mostrato l’esistenza di un rapporto causa-effetto tra consumo di alimenti ultra-processati, assunzione calorica e incremento di peso.
Cosa limitare quindi? Tra gli alimenti ultra-processati ci sono bevande zuccherate, snack confezionati dolci o salati, prodotti a base di carne ricostituiti e piatti pronti surgelati. Oltre all’etichetta nutrizionale, è bene quindi non sottovalutare anche l’importanza della lista ingredienti.
1. Fardet, A., Rock, E., Bassama, J., Bohuon, P., Prabhasankar, P., Monteiro, C., … & Achir, N. (2015). Current food classifications in epidemiological studies do not enable solid nutritional recommendations for preventing diet-related chronic diseases:. the impact of food processing. Advances in Nutrition, 6(6), 629-638.
2. Fardet, A., Lakhssassi, S., & Briffaz, A. (2018). Beyond nutrient-based food indices: a data mining approach to search for a quantitative holistic index reflecting the degree of food processing and including physicochemical properties. Food & function.
3. Monteiro, C. A., Cannon, G., Moubarac, J. C., Levy, R. B., Louzada, M. L. C., & Jaime, P. C. (2018). The UN Decade of Nutrition, the NOVA food classification and the trouble with ultra-processing. Public health nutrition, 21(1), 5-17.