Di recente la Turchia ha posto dei nuovi limiti ai quantitativi di acidi grassi trans (TFA) negli alimenti: i prodotti non dovranno contenere più del 2% di TFA sul totale dei grassi. A livello europeo, l’obiettivo è quello di eliminare gli acidi grassi trans derivanti dalle trasformazioni industriali entro il 2023 (1). Ma qual è la situazione in Italia?
I TFA sono un tipo di grassi insaturi normalmente presenti in natura, sono contenuti nei prodotti lattiero-caseari e nelle carni dei ruminanti, ma possono anche originarsi in altri prodotti contenenti grassi nel corso di processi come l’idrogenazione o la cottura ad alte temperature (>220 °C), la frittura ad esempio (2).
Da analisi chimiche fatte su prodotti italiani risulta che per quel che riguarda gli alimenti non processati quelli che hanno più TFA sono fontina (7,1%), pecorino (6,7%) e agnello (6,5%), mentre per quel che riguarda i prodotti processati quelli che hanno più TFA sono preparati per minestre (30,1%), patatine fritte surgelate (16,2%) e pandoro e panettone (circa 4%) (2).
Il loro consumo ha diverse implicazioni sulla salute, infatti aumentano il colesterolo LDL, facendo diminuire quello HDL, e aumentano il rischio cardiovascolare, anche se al momento non esiste evidenza sufficiente per discriminare l’effetto dei TFA in base alla loro origine, ‘naturale’ o meno (2).
L’OMS stima che ogni anno un’assunzione eccessiva di TFA sia la causa di oltre 500.000 morti (1), con un aumento del rischio di malattie cardiache del 21% e del rischio di morte prematura del 28% (3). Secondo un’indagine condotta in 14 Paesi europei, l’assunzione di TFA con la dieta varia da un minimo di 1,4 g/die, in Grecia, ad un massimo di 5,4 g/die, in Islanda (2). In Italia il livello è di 1,6 g/die e la quota maggiore deriva dal consumo di latte e derivati (49,3%), oli e grassi (18,7%), prodotti da forno (15,5%) e carni (13,6%) (2).
A livello europeo, il regolamento 2019/649 UE ha introdotto già lo scorso anno, similmente a quanto fatto pochi mesi fa dalla Turchia, un limite di TFA negli alimenti <2 g/100 g di grassi totali (4), mentre l’indicazione dell’OMS è quella di eliminare i TFA dai prodotti industriali entro il 2023 (1).In particolare, attraverso l’iniziativa “REPLACE”, l’OMS punta a promuovere la loro sostituzione con altri grassi, monitorarne il contenuto nei prodotti e il consumo nella popolazione, e ridurne l’assunzione entro l’1% del fabbisogno calorico quotidiano (1).
Sebbene gli apporti di TFA nella popolazione italiana non destino particolari preoccupazioni in questo senso, è utile in generale raccomandare di ridurre il più possibile il loro consumo, in particolare per quanto riguarda la quota derivata dalle trasformazioni industriali (2). Molto resta da fare soprattutto nei Paesi dove il basso costo rende i prodotti con questi grassi ancora molto popolari: sarà interessante monitorare i risultati dell’iniziativa “REPLACE” in questo senso.
- Organizzazione Mondiale della Sanità (2018). An action package to eliminate industrially-produced trans fat from the global food supply. [Cited 2020 July 20].
- Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria (2019). Dossier Scientifico delle Linee Guida per una sana alimentazione (Edizione 2018).
- Organizzazione Mondiale della Sanità (2020). Turkey limits amount of industrially produced trans fats in foods. [Cited 2020 July 20].
- Regolamento (UE) 2019/649 della Commissione del 24 aprile 2019 che modifica l’allegato III del regolamento (CE) n. 1925/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda gli acidi grassi trans diversi dagli acidi grassi trans naturalmente presenti nei grassi di origine animale.