Assunzioni inferiori di amminoacidi solforati, quelli presenti soprattutto nelle proteine animali, sarebbero associate a un minor rischio cardiovascolare: è quanto emerge dal primo studio epidemiologico sul tema condotto dai ricercatori dell’Università della Pennsylvania, pubblicato su Lancet EClinicalMedicin.
Nonostante il ruolo cruciale degli aminoacidi solforati nel mantenimento della salute, diversi studi su modelli animali avevano finora mostrato che diete a ridotto contenuto di amminoacidi solforati si associavano a benefici tra cui riduzione del peso corporeo, riduzione dei disturbi legati all’invecchiamento, ma con pochi dati disponibili per l’uomo.
Il presente studio nasce con l’obiettivo di valutare l’associazione tra l’assunzione di aminoacidi solforati e il rischio cardiovascolare. Per questo è stato realizzato uno studio cross-over su campione di 11.576 soggetti appartenenti alla corte americana Third National Examination and Nutritional Health Survey (NHANES III). L’intake di amminoacidi solforati è stato quantificato mediante recall delle 24 ore e i soggetti sono stati suddivisi in quintili in base all’assunzione di amminoacidi solforati totali, metionina e cisteina, previo aggiustamento per possibili fattori confondenti, come età, sesso, BMI, fumo, assunzione di alcol e fattori dietetici. Per ciascun soggetto è stato poi valutato, come outcome primario, un “punteggio di rischio cardiometabolico”, cioè un fattore di rischio composito basato a sua volta su più fattori, tra i quali colesterolo, trigliceridi, proteina C reattiva, acido urico, glucosio, azotemia, emoglobina glicata, insulina. Maggiori apporti di amminoacidi solforati totali (3°-5° quintile rispetto al primo), di cisteina (3°-5° quintile rispetto al primo) e di metionina (2°-5° quintile rispetto al primo) sono risultati associati ad aumento significativo del punteggio di rischio cardiometabolico, indipendentemente dal consumo di proteine. Oltretutto, il consumo medio di amminoacidi solforati nel campione (39 mg/kg/die) è risultato più che doppio rispetto al fabbisogno medio stimato (EAR), pari a 15 mg/kg/die.
Complessivamente i risultati, seppure da verificare in studi ulteriori sull’uomo, suggeriscono che le diete con un contenuto minore di amminoacidi solforati (vicino al fabbisogno medio), quindi quelle a prevalenza vegetale, sono associate a un ridotto rischio cardiovascolare.
Dong, Z., Gao, X., Chinchilli, V. M., Sinha, R., Muscat, J., Winkels, R. M., & Richie Jr, J. P. (2020). Association of sulfur amino acid consumption with cardiometabolic risk factors: Cross-sectional findings from NHANES III. EClinicalMedicine, 100248.